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giovedì 2 febbraio 2012

Le penne nere dell'Archaeopteryx

Con una nuova analisi con un microscopio elettronico a scansione è stato possibile identificare i melanosomi, le parti delle cellule che producono la pigmentazione, che avrebbero fornito anche un ulteriore sostegno strutturale

Le sue penne erano rigide, resistenti e di colore nero: sono queste le conclusioni di un nuovo studio su alcuni reperti fossili di Archaeopteryx condotte da un gruppo internazionale di ricerca guidato dalla Brown University. In particolare, l'analisi ha permesso di evidenziare come la struttura delle stesse penne fosse identica a quella degli attuali uccelli, il che porterebbe a concludere che le penne moderne si siano evolute già 150 milioni di anni fa, nel periodo Giurassico.

“Se il volo dell'Archaeopteryx era planato o ad ala battente, la presenza di melanosomi, le parti delle cellule che producono la pigmentazione, avrebbe fornito alle penne un supporto strutturale aggiuntivo” ha spiegato Ryan Carney, biologo evoluzionista della Brown e primo autore dello studio apparso su "Nature Communications". “Probabilmente, questa caratteristica ha conferito un vantaggio durante il primo stadio evolutivo del volo dei dinosauri”.

Le penne nere dell'Archaeopteryx 
© Louie Psihoyos/Corbis

La penna dell'Archaeopteryx fu scoperta in un deposito di calcare in Germania nel 1861, un solo anno dopo la pubblicazione da parte di Charles Darwin de L'origine delle specie. I paleontologi hanno basato su questo e su altri reperti attribuiti ad Archaeopteryx l'idea che i dinosauri fossero alla base dell'albero evolutivo degli uccelli.

In effetti, ciò che rende Archaeopteryx uno stadio intermedio tra dinosauri e uccelli, spiegano gli autori dello studio, è la combinazione di caratteristiche anatomiche da rettile (denti, zampe dotate di artigli e coda ossea) e da uccello (ali dotate di penne e furcula, un osso a forcella che deriva dalla fusione delle clavicole e che ha la funzione di sostenere lo sforzo del volo).

Ad assillare gli studiosi era la mancanza, finora, di informazioni sulla struttura delle
penne e sui colori. Carney, insieme con i colleghi della Yale University, dell'Università di Akron, e del laboratorio Carl Zeiss, in Germania, ha analizzato la penna e scoperto che si tratta di una delle copritrici, così battezzate perché ricoprono le penne primarie e secondarie delle ali degli uccelli utilizzate per il volo. Dopo due tentativi senza successo di produrre immagini dei melanosomi, il gruppo ha provato con un microscopio elettronico a scansione del laboratorio Zeiss, dove il gruppo ha individuato centinaia di strutture ancora presenti nella penna fossile.

“La terza è stata la volta buona, e infine abbiamo trovato la chiave per risalire al colore originale della penna, un mistero rimasto celato nella roccia per 150 milioni di anni”, ha aggiunto Carney.

In realtà i melanosomi erano stati individuati in altre penne fossili, ma sono stati scambiati per batteri. Ma nel 2006, Jakob Vinther, coautore dell'articolo, scoprì melanina ben conservata nel sacco dell'inchiostro di un calamaro fossilizzato.

“Quel risultato mi ha fatto pensare che la melanina possa rimanere fossilizzata in molti tipi di reperti, tra cui le penne”, ha concluso Vinther, che ora lavora presso l'Università del Texas a Austin. "Ho così capito di aver aperto un capitolo completamente nuovo su ciò che possiamo fare per comprendere la natura dei dinosauri e degli uccelli con penne estinti”.

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