Cerca nel blog

giovedì 16 febbraio 2012

Colonizzare altri pianeti? Chiedetelo ai vermi







Una ricerca ha monitorato 4000 esemplari di C. elegans durante una loro missione in orbita bassa attorno alla Terra e ha dimostrato che questi vermi nematodi sono un buon modello per studiare i problemi che potrebbero incontrare gli astronauti nelle missioni di lunga durata nello spazio profondo (red) 

Stephen Hawking ritiene che se l'umanità vorrà sopravvivere, dovrà colonizzare lo spazio. Anche se non tutti gli scienziati la pensano così, sicuramente molti ritengono però che potremmo colonizzare altri pianeti.

L'esplorazione spaziale a lungo termine richiede però il superamento di molte sfide, come quelle collegate con l'esposizione alle radiazioni e il deterioramento muscolo-scheletrico. Tuttavia lo stesso studio di questi problemi e delle possibili è una autentica sfida.

Per questo un gruppo di ricercatori dell'Università di Nottingham ha pensato di rivolgersi a Caenorhabditis elegans, un piccolo verme nematode molto simile dal punto vista biologico all'essere umano come possibile modello su cui condurre gli esperimenti.

"I vermi - osserva Nathaniel Szewczyk, che ha coordinato lo studio  - ci permettono di rilevare i cambiamenti nella crescita, nello sviluppo e nella riproduzione, e il comportamento in risposta a condizioni ambientali quali tossine o alle possibili radiazioni durante missioni nello spazio profondo. Dato l'elevato rischio di fallimento delle missioni su Marte, l'uso di vermi come organismi modello ci permette di testare in modo sicuro e relativamente a buon mercato sistemi di prova prima di missioni spaziali con equipaggio ".

Colonizzare altri pianeti? Chiedetelo ai vermi
 © Carolina Biological/Visuals Unlimited/Corbis
Uno dei problemi più complessi era sviluppare un sistema automatico e compatto per la crescita di C. elegans tale da assicurare il monitoraggio a distanza, per la cui messa a punto i ricercatori di Nottingham si sono avvalsi della collaborazione di esperti dell'Università di Pittsburgh, dell'Università del Colorado e della Simon Fraser University, in Canada.

Così, nel dicembre 2006, 4000 esemplari di C. elegans sono stati caricati a bordo dello Space Shuttle Discovery, per essere monitorati nel corso dei primi tre mesi del loro viaggio di sei mesi a bordo della Stazione Spaziale Internazionale in modo da controllare gli effetti del volo in orbita terrestre bassa su 12 generazioni di vermi.

Ora sulla rivista della Royal Society "Interface", i ricercatori dell'Università di Nottingham che hanno allestito l'esperimento pubblicano i risultati dello studio che ha mostrato che nello spazio C. elegans si sviluppa da uovo ad adulto e produce progenie proprio come avviene sulla Terra. Questo lo rende un sistema ideale e conveniente sperimentale per studiare gli effetti di lunga durata e l'esplorazione dello spazio a distanza.

"Anche se può sembrare sorprendente, molti cambiamenti biologici che avvengono durante il volo spaziale influenzano gli astronauti e i vermi nello stesso modo. Siamo stati in grado di dimostrare che i vermi possono crescere e riprodursi nello spazio per un tempo sufficiente a raggiungere un altro pianeta e che si può monitorare a distanza la loro salute. Di conseguenza C. elegans è una soluzione conveniente per scoprire e studiare gli effetti biologici delle missioni nello spazio profondo. In definitiva, ora siamo in condizione di poter far crescere e studiare a distanza un animale su un altro pianeta."

Nessun commento:

Posta un commento