Una nuova ricerca internazionale a cui l'Italia partecipa con ricercatori dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Capodimonte ha testato con successo una versione modificata della legge di gravitazione universale, rendendo superflua l’ipotesi della massa mancante dell’universo
La legge della gravitazione universale di Newton è proprio universale? La domanda a prima vista potrebbe sembrare oziosa, tenuto conto dell'enorme quantità di conferme sperimentali che ha avuto negli ultimi secoli. Sulla Terra i gravi cadono tutti con la stessa accelerazione, e questo è un fatto già verificato da Galileo Galilei.
Guardando allo spazio, i pianeti percorrono le loro orbite seguendo la legge newtoniana, secondo cui la forza gravitazionale tra due corpi è attrattiva, diretta lungo la congiungente e di intensità direttamente proporzionale al prodotto delle masse e inversamente proporzionale all'inverso del quadrato della mutua distanza. La legge di gravitazione newtoniana viene poi trovata come limite della più ampia legge di gravitazione di Einstein, meglio nota come teoria della Relatività Generale.
Se si ritiene valida la teoria della gravitazione di Newton, tuttavia, osservando il moto di galassie a spirale qualcosa non funziona: la massa che risiede nelle loro componenti ordinarie (stelle, polveri e gas) e osservabili attraverso la “luce” che esse emettono non è sufficiente per rendere conto della velocità di rotazione misurate da Terra. È così che è sorto il problema della “massa mancante” dell'universo, ribattezzata anche “materia oscura” per evidenziare come, per far tornare i conti, essa debba esistere senza poter essere osservata direttamente.
ellittiche in uno studio di un’ampia collaborazione internazionale che comprende un gruppo di ricercatori dell’INAF-Osservatorio di Capodimonte e delle Università di Napoli, California Santa Cruz e Zurigo.
“Da un po' di anni stiamo studiando la dinamica delle galassie ellittiche utilizzando, come traccianti delle velocità e della distribuzione dei moti all'interno delle galassie ellittiche le nebulose planetarie, stelle giunte al termine del loro ciclo evolutivo, per trovare segnali della presenza di materia oscura”, ha esordito Nicola Napolitano dell’INAF - Osservatorio Astronomico di Capodimonte, primo autore dell’articolo accettato per la pubblicazione sull’”Astrophysical Journal”, illustrando a “Le Scienze” i risultati della ricerca.
“E in effetti abbiamo dimostrato in diversi lavori come i moti delle stelle, e in particolare di queste nebulose planetarie, potesse essere giustificato con la presenza di questi aloni di materia oscura; contemporaneamente, all'Università Federico II di Napoli, il prof. Salvatore Capozziello studiava le teorie estese della gravitazione note come teorie f(R) che sostanzialmente modificano estendono l'approccio di Einstein senza minarlo nei sui fondamenti, verificandone gli effetti dinamici a tutte le scale, da quelle del sistema solare fino quelle cosmologiche”.
La legge della gravitazione universale di Newton è proprio universale? La domanda a prima vista potrebbe sembrare oziosa, tenuto conto dell'enorme quantità di conferme sperimentali che ha avuto negli ultimi secoli. Sulla Terra i gravi cadono tutti con la stessa accelerazione, e questo è un fatto già verificato da Galileo Galilei.
Guardando allo spazio, i pianeti percorrono le loro orbite seguendo la legge newtoniana, secondo cui la forza gravitazionale tra due corpi è attrattiva, diretta lungo la congiungente e di intensità direttamente proporzionale al prodotto delle masse e inversamente proporzionale all'inverso del quadrato della mutua distanza. La legge di gravitazione newtoniana viene poi trovata come limite della più ampia legge di gravitazione di Einstein, meglio nota come teoria della Relatività Generale.
Se si ritiene valida la teoria della gravitazione di Newton, tuttavia, osservando il moto di galassie a spirale qualcosa non funziona: la massa che risiede nelle loro componenti ordinarie (stelle, polveri e gas) e osservabili attraverso la “luce” che esse emettono non è sufficiente per rendere conto della velocità di rotazione misurate da Terra. È così che è sorto il problema della “massa mancante” dell'universo, ribattezzata anche “materia oscura” per evidenziare come, per far tornare i conti, essa debba esistere senza poter essere osservata direttamente.
ellittiche in uno studio di un’ampia collaborazione internazionale che comprende un gruppo di ricercatori dell’INAF-Osservatorio di Capodimonte e delle Università di Napoli, California Santa Cruz e Zurigo.
“Da un po' di anni stiamo studiando la dinamica delle galassie ellittiche utilizzando, come traccianti delle velocità e della distribuzione dei moti all'interno delle galassie ellittiche le nebulose planetarie, stelle giunte al termine del loro ciclo evolutivo, per trovare segnali della presenza di materia oscura”, ha esordito Nicola Napolitano dell’INAF - Osservatorio Astronomico di Capodimonte, primo autore dell’articolo accettato per la pubblicazione sull’”Astrophysical Journal”, illustrando a “Le Scienze” i risultati della ricerca.
“E in effetti abbiamo dimostrato in diversi lavori come i moti delle stelle, e in particolare di queste nebulose planetarie, potesse essere giustificato con la presenza di questi aloni di materia oscura; contemporaneamente, all'Università Federico II di Napoli, il prof. Salvatore Capozziello studiava le teorie estese della gravitazione note come teorie f(R) che sostanzialmente modificano estendono l'approccio di Einstein senza minarlo nei sui fondamenti, verificandone gli effetti dinamici a tutte le scale, da quelle del sistema solare fino quelle cosmologiche”.
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