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giovedì 17 novembre 2011

“Voglio il vaccino per tutti”

Un’intuizione geniale
che gli valse
il premio Nobel
per la Medicina
nel 2008: è
grazie alle sue ricerche che
oggi sappiamo che il Papilloma
virus umano (HPV) è uno
degli agenti eziologici del
cancro alla cervice. Protagonista
è il medico e virologo tedesco
Harald Zur Hausen.
Con la sua scoperta ha spianato
la strada allo sviluppo
dei vaccini in campo oncologico.
Una rivoluzione che però,
ad oggi, è destinata solo a
una piccola fetta di popolazione.
La ragione è semplice:
l’impossibilità ad accedervi
per molti degli abitanti dei
Paesi in via di sviluppo. Un
tema scottante che verrà dibattuto
a Milano il prossimo
18 novembre alla conferenza
«Science for Peace», organizzata
dalla Fondazione Umberto
Veronesi, e che vedrà
presente il Nobel tedesco.
Professore, è veramente
possibile fare prevenzione
oncologica attraverso l’utilizzo
dei vaccini?
«Negli ultimi 30 anni fino
al 21% dell'incidenza
dei tumori a livello
globale risulta legata
a eventi infettivi
che coinvolgono
specifici
agenti virali,
batterici e parassitici.
In
particolare la
scoperta del
ruolo del virus
dell’epatite
B nel carcinoma
epatocellulare
e dell’elevato
rischio rappresentato
dall’HPV
nei tumori
della cervice, dell’area
ano-genitale e di quelli
della bocca e della faringe
ha innescato nuove forme di
approccio alla prevenzione
del cancro attraverso la vaccinazione.
L’applicazione di
questi vaccini a livello globale
potrebbe, almeno in teoria, ridurre
il rischio tumorale femminile
del 12-15% e quello maschile
del 4-5%».
La scoperta del legame tra
papilloma virus e cancro
della cervice ha dato luogo
allo sviluppo di un vaccino
rivoluzionario in grado
di contrastare il tumore. Ma
la sua diffusione è concentrata
in Europa e Usa. E nel
resto del mondo qual è la situazione?
«Il cancro della cervice è uno
dei tumori più comuni nelle donne
nei Paesi in via di sviluppo.
Addirittura è più diffuso rispetto
di quello al seno. Il vaccino
oggi disponibile può prevenire
tra il 70% e l’80% dei carcinomi
del collo dell’utero, se
somministrato prima
dell’inizio dell'attività
sessuale. Purtroppo
però questa
strategia è
ancora costosa
e molti Paesi
non possono
permettersela.
Anche se
ci sono diverse
società
coinvolte nel
tentativo di ridurre
i prezzi, i
costi rimangono
comunque
troppo alti.
L’obiettivo per il futuro
è quindi ridurre i
costi drasticamente e
creare infrastrutture per la
distribuzione».
Una questione-chiave: quali
possono essere le soluzioni
concrete?
«La soluzione più semplice
ma difficilmente realizzabile
è quella che vede la produzione
del vaccino direttamente
sul territorio in cui deve essere
somministrato. A questa
condizione è più che ragionevole
pensare ad una netta diminuzione
dei costi. Allo stesso
tempo, però, bisogna incoraggiare
il processo, in termini
temporali, di abbassamento
dei prezzi da parte delle
aziende produttrici».
Quanto conta l’atteggiamento
dei governi locali? Si sono
dimostrati interessati alla risoluzione
dei problemi di salute
della popolazione?
«Oggi mi è difficile capire l’atteggiamento
dei governi nei Paesi
più poveri. Presumo che, soprattutto
nelle nazioni in cui il
cancro del collo dell’utero è
una malattia comune, come nell’Africa
sub-sahariana, l’ostacolo
più grande sia rappresentato
dalle gravi condizioni finanziarie.
Un modo per cercare di
tamponare la situazione potrebbe
essere quello di raccogliere
fondi per la produzione
del vaccino nei Paesi in condizioni
economiche migliori».
Per quanto riguarda il resto
del mondo si sa quanto il vaccino
sia stato rivoluzionario:
ci si può ritenere soddisfatti
o c’è ancora da fare?
«Là dove il vaccino è maggiormente
accessibile, nonostante
gli ottimi risultati, c’è ancora
molto strada da fare. Non tutti,
infatti, percepiscono il beneficio
di questo trattamento.
Per sensibilizzare di più la popolazione
è significativo il ruolo
di figure come il ministro
competente della Sanità, dei
direttori sanitari, dei medici,
degli insegnanti e infine dei genitori.
Solo attraverso il coinvolgimento
di tutti questi soggetti
sarà possibile ottenere il
massimo risultato».
Il vaccino ha contribuito notevolmente
a contrastare l’insorgenza
del tumore. Sarebbe
però riduttivo pensare di
aver risolto il problema solo
attraverso la sua somministrazione.
Quanto conta la
prevenzione?
«La prevenzione del cancro è
molto più conveniente del trattamento
stesso della malattia.
Quindi è importante perseguire
una corretta educazione,
che non può riferirsi solo al
vaccino. Fumo di tabacco, consumo
elevato di alcol, obesità
ed esposizione eccessiva al sole
sono alcuni dei fattori. La
prevenzione è un punto fondamentale.

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