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martedì 13 marzo 2012

AriSLA: Un'interfaccia cervello-computer "portatile" traduce il pensiero in azioni

Roma, 1 marzo 2012 - Accendere e spegnere la luce, aprire la porta, formulare parole e frasi, ma solo con il pensiero: da un progetto di un team di ricerca guidato da Febo Cincotti, ricercatore della Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma, finanziato da Fondazione AriSLA per la ricerca sulla SLA, con il contributo di AISLA, Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, è nato il prototipo di interfaccia cervello-computer che permette di comunicare attraverso gli impulsi del cervello ai pazienti “locked in”, cioè in uno stato avanzato della disabilità in cui non si è in grado di muovere neppure gli occhi.

Il prototipo, tutto italiano, si chiama Brindisys e, rispetto ad altri modelli precedenti, complessi da utilizzare, ingombranti e che richiedono costante supporto tecnico, è un dispositivo completamente non invasivo, di facile utilizzo, che permette anche ai pazienti in uno stato avanzato della malattia di mantenere una possibilità di comunicazione. Dotato di un elaboratore miniaturizzato simile a quelli usati all’interno dei riproduttori DVD, Brindisys riconosce l’intenzione dell’utente dall’esame del suo segnale elettroencefalografico, senza l’utilizzo di un computer potente.

COME FUNZIONA
Brindisys è composto da una cuffia, che viene indossata dal paziente, dotata di elettrodi che servono a rilevare i comandi solamente immaginati attraverso i potenziali elettrici prodotti dal cervello. Tali segnali vengono “letti” da un dispositivo poco più grande del palmo di una mano che li traduce in comandi e li trasmette a un semplice tablet da cui parte l’esecuzione dell’azione. Si va dalla riproduzione vocale di una frase pre-impostata, alla formulazione lettera per lettera di frasi nuove fino a comandare azioni vere e proprie quali accendere la televisione, cambiare canali, aprire la porta, spegnere la luce. La
“traduzione del pensiero” avviene in circa 10 secondi.

“Il progetto è nato con l’obiettivo di realizzare un sistema di ausilio che includa un’interfaccia cervello-computer semplice, incorporata in un apparecchio indipendente senza bisogno di un personal computer – spiega Febo Cincotti -. Altri dispositivi analoghi sono stati ideati nel corso degli anni, ma nessuno è stato pensato per rispondere alle esigenze dei malati di SLA, che variano col progredire della malattia. Fin dall’inizio del progetto il nostro obiettivo è stato identificare i loro bisogni specifici, e coinvolgerli nella validazione del sistema per confermarci che stiamo procedendo nella direzione giusta. È importante sottolineare che si tratta di un progetto di ricerca sperimentale e bisognerà attendere prima che possa essere disponibile per un reale utilizzo”.

“Uno degli obiettivi istituzionali della Fondazione AriSLA è sostenere la ricerca volta a migliorare le condizioni di vita dei pazienti anche attraverso lo sviluppo di nuove tecnologie – commenta Renato Pocaterra, segretario generale della Fondazione AriSLA – Il progetto Brindisys è stato finanziato proprio con questo intento, perché, dopo essere stato sottoposto a un processo di selezione di peer review, è stato valutato dal comitato scientifico internazionale tra le proposte più innovative e interessanti sul fronte degli ausili per la comunicazione dei pazienti di SLA. Oggi che il prototipo è stato realizzato – conclude Pocaterra –
siamo soddisfatti di aver creduto in questo progetto e siamo in attesa di conoscere i risultati dei test sui pazienti per la sua messa a punto finale”.

LA SPERIMENTAZIONE CON I PAZIENTI
Primo step per arrivare al prototipo è stata l’indagine su un campione di pazienti, familiari ed esperti, che ha permesso di individuare le principali esigenze comunicative dei malati. Dopo la fase di studio e gli esperimenti per realizzare il prototipo, a distanza di poco più di un anno ha preso il via la fase clinica e un gruppo pazienti lo sta sperimentando.
In questa prima fase clinica, i pazienti, reclutati su base volontaria, ma ciascuno a un diverso livello di avanzamento della malattia, vengono condotti nella casa domotica della Fondazione IRCCS Santa Lucia di Roma: un appartamento appositamente progettato per le persone con disabilità dove tutto è automatizzato e con Brindisys è possibile, per esempio, regolare lo schienale della poltrona o l’inclinazione del letto, aprire la porta.
In una fase successiva il prototipo sarà affidato ai pazienti che potranno facilmente utilizzarlo a casa propria. Dalle loro risposte partirà poi una nuova versione del dispositivo.

LA RICERCA SUGLI AUSILI DI COMUNICAZIONE “AUMENTATIVA”
Da diversi anni la ricerca studia strumenti di Brain Computer Interface (BCI): una metodica di accesso a computer che si basa sulla registrazione e sull’interpretazione in tempo reale dei segnali elettroencefalografici. Fino a oggi gli esperimenti di BCI sono stati condotti in laboratorio senza essere testati nel quotidiano perché complessi da utilizzare, ingombranti o non dotati delle funzionalità necessarie all’utente. Brindisys è un prototipo che è “uscito” dal laboratorio e che i pazienti stanno provando per valutarne i benefici. Brindisys è nato per permettere ai pazienti SLA di comunicare anche nelle fasi più avanzate della malattia. La SLA infatti è una patologia invalidante che colpisce i motoneuroni, cellule che controllano il movimento: pur conservando intatte le capacità cognitive, le persone affette dalla malattia perdono progressivamente le abilità motorie, fino alla loro totale scomparsa.  Le possibili applicazioni del prototipo non si limitano alla sola Sclerosi Laterale Amiotrofica ma il suo uso può rendere più agevoli i rapporti tra malato e mondo circostante per tutte le patologie che limitano in maniera altrettanto grave le funzioni motorie.

Gli ausili disponibili sul mercato per aiutare i pazienti a comunicare, infatti, sono numerosi, ma si tratta di strumenti che vengono controllati da mouse, joystick o che funzionano in modalità touch screen. Solo i più avanzati si basano sul movimento oculare. Nessuno di questi è però in grado di rispondere a tutti gli stadi di disabilità che il paziente attraversa con il progredire della malattia e tutti necessitano di una seppure minima capacità di movimento. Il prototipo Brindisys permette di comunicare con la “forza del pensiero”. Quando è ancora in grado di farlo il paziente può usare il dispositivo attraverso il touch screen del tablet per poi passare all’utilizzo del brain computer interface.

Official Video San Siro AC Milan 18


Gli Sgommati - Berlusconi Bin Laden


Di Pietracus 2


Gli Sgommati - Il Signore dei Borselli


Gli Sgommati - Berlusconi promuove l'immagine dell'Italia


Gli Sgommati - Berlusconi in versione Avatar


Stop dimentica - Tiziano Ferro


GLADIADOR-Now we are free(ORIGINAL SOUNDTRACK)


♫ Soundtrack - Gladiator - Now We Are Free (with lyric).flv


mercoledì 7 marzo 2012

film Assassin's Creed


Origami a DNA per distruggere le cellule cancerose


Creata grazie alla tecnica del cosiddetto origami a DNA un nanorobot in grado di riconoscere una cellula anomala, aprirsi e lasciar uscire frammenti di anticorpi che istruiscono la cellula al suicidio programmato. In futuro potrebbe essere usato per programmare le risposte immunitarie nel trattamento di varie malattie (red)
Un dispositivo robotico basato sui principi del cosiddetto “origami a DNA” in grado di cercare specifici obiettivi all'interno di una complessa miscela di tipi cellulari e inviare al bersaglio importanti istruzioni molecolari, per esempio quella di autodistruggersi. E’ la prospettiva aperta da uno studio condotto da ricercatori Wyss Institute for Biologically Inspired Engineering della Harvard University, che descrivono il nanorobot che hanno messo a punto in un articolo pubblicato sulla rivista “Science”.

L’origami a DNA sfrutta i filamenti pieghevoli di DNA per costruire strutture tridimensionali complesse. Il nanorobot creato da Shawn Douglas, Ido Bachelet e George M. Church è stato prodotto ispirandosi alla meccanica del sistema immunitario, e la sua tecnologia potrebbe un giorno essere usata per programmare le risposte immunitarie per il trattamento di varie malattie.

Origami a DNA per distruggere le cellule cancerose
I nanorobot a DNA possono identificere le cellule cancerose e trasportarvi un carico di anticorpi (in viola). Cortesia Campbell Strong, Shawn Douglas, & Gaël McGill /AAAS
Il nanorobot ha una forma che ricorda quella di un barile aperto le cui due metà sono collegate da una cerniera. Questa struttura di DNA, che funge da contenitore, è tenuta chiusa da un particolare “laccio”, sempre di DNA, in grado di cercare e riconoscere specifiche combinazioni di proteine della superficie cellulare, compresi marcatori di malattia. Quando questi lacci di chiusura trovano l'obiettivi, si riconfigurano, provocando l’apertura della struttura di contenimento ed esponendo così il suo contenuto, per esempio molecole che possono interagire con la superficie cellulare inviando attraverso i suoi recettori opportune istruzioni.

Negli esperimenti, il sistema è stato utilizzato per inviare a due differenti tipi di cellule tumorali, di una forma di leucemia e di una forma di linfoma, le istruzioni necessarie per attivare i segnali intracellulari di scatenamento dell’apoptosi - il suicidio cellulare programmato - codificate in frammenti di anticorpi. Dato che le cellule leucemiche e quelle di linfoma, osservano gli autori, “parlano lingue diverse”, è stato necessario codificare i messaggi attraverso differenti combinazioni di anticorpi. Il nanorobot a DNA emula l’elevata specificità del sistema immunitario nell’identificare cellule in situazione critica attraverso l'uso di componenti modulari che permettono allla struttura di trasporto di veicolare lacci di chiusura e identificazione diversi e differenti carichi che fungono da istruzioni.

Poiché il DNA è un materiale naturale biocompatibile e biodegradabile, la nanotecnologia a DNA è ampiamente riconosciuta come uno dei migliori meccanismi di trasporto e consegna di farmaci e segnali molecolari. Ma per la sua realizzazione si sono dovuti superare numerosi complessi problemi, come quelli relativi, per esempio, al tipo di struttura per creare, al meccanismo di apertura per l’inserimento del carico, di chiusura e di riapertura, dovendo programmare il tutto su scala nanometrica.

"Questo lavoro rappresenta un importante passo avanti per le nanobiotecnologie poiché dimostra la capacità di sfruttare i recenti progressi nel campo dell’origami a DNA sperimentato dai ricercatori di tutto il mondo, per affrontare una sfida reale, quella di uccidere le cellule tumorali in modo altamente specifico", ha dichiarato Donald Ingber, direttore del Wyss Institute.

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Un'idea sbagliata sulle origini dell'uomo

Sulla base dei fossili rinvenuti in Europa, gli archeologi hanno a lungo ritenuto che in qualche momento della loro storia gli Homo sapiens si fossero trasformati da «esseri umani arcaici» in «esseri umani moderni» capaci di usare simboli, praticare riti e inventare utensili più complicati. L’ipotesi di una rivoluzione del Paleolitico, di cui sono state discusse varie possibili cause, discende in realtà dall’applicazione di un fenomeno esclusivamente regionale alla scala globale, ed è legata a una tradizione di spiegazioni narrative di tipo prescientifico. Scoperte più recenti, effettuate soprattutto in Africa, hanno prodotto prove di comportamenti moderni in tempi assai più antichi. L’analisi delle industrie litiche, inoltre, sta offrendo importanti prove di uno schema persistente di variabilità comportamentale







Neanderthal: già verso l'estinzione all'arrivo dei sapiens

La maggior parte dei neanderthaliani europei era scomparsa già 50.000 anni fa, e l'analisi della variabilità genetica eseguita sui resti fossili appartenenti alle popolazioni più recenti mostra una drammatico calo rispetto ai gruppi più antichi

L'uomo moderno probabilmente ha dato il colpo di grazia ai Neanderthal, ma al momento dell'incontro con i "cugini" Homo sapiens la specie era già in pesante declino. A sostenerlo sono i risultati di uno studio condotto da un gruppo internazionale di ricercatori che firmano un articolo pubblicato sulla rivista "Molecular Biology and Evolution".

Le analisi del DNA fossile di alcuni soggetti neanderthaliani della Spagna settentrionale indicano infatti che 50.000 anni fa in Europa la maggior parte degli uomini di Neanderthal era già scomparsa. Successivamente, un piccolo gruppo di uomini di Neanderthal ricolonizzò l'Europa centrale e occidentale, dove sopravvisse per altri 10.000 anni prima che entrasse in scena l'uomo moderno. 

Neanderthal: già verso l'estinzione all'arrivo dei sapiens
Confronto fra uno scheletro di Neanderthal e di uomo moderno (Cortesia Ian Tattersall)
"Che gli uomini di Neanderthal in Europa si fossero quasi estinti, per poi recuperare, e che tutto questo abbia avuto luogo molto tempo prima che venissero in contatto con gli esseri umani moderni, è stata una sorpresa. Ciò indica che l'uomo di Neanderthal potrebbe essere stato più sensibile di quanto si pensasse ai drammatici cambiamenti climatici avvenuti in epoca glaciale ", osserva Love Dalén, del Museo svedese di storia naturale a Stoccolma e primo firmatario dell'articolo. 

I ricercatori hanno rilevato che nel corso dei diecimila anni precedenti alla loro scomparsa, la variazione genetica tra i Neanderthal europei era estremamente limitata. I fossili europei più antichi, come quelli provenienti dell'Asia, avevano una variabilità genetica molto maggiore, paragonabile a quella esibita da una specie la cui popolazione prospera in una regione per un lungo periodo di tempo. 

"La quantità di variazione genetica nei Neanderthal geologicamente più antichi, come in Asia, era altrettanto grande di quella degli esseri umani moderni, mentre la variazione tra gli ultimi Neanderthal europei non era superiore a quella degli esseri umani moderni in Islanda", spiega Götherström Anders, dell'Università di Uppsala. 

Neanderthal: già verso l'estinzione all'arrivo dei sapiens
Cortesia Centro de Evolución y Comportamiento Humanos (UCM-ISCIII) 
Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno dovuto lavorare su una serie di campioni di DNA pesantemente degradato, e le analisi hanno quindi richiesto l'integrazione di metodiche di laboratorio avanzate e di sofisticati metodi computazionali. Il gruppo di ricerca ha quindi coinvolto esperti di più discipline, tra cui statistici, esperti in materia di sequenziamento del DNA e paleoantropologi di diversi paesi. 

"Questo tipo di studio interdisciplinare è estremamente utile per portare avanti ricerche sulla nostra storia evolutiva. In questi ultimi anni, il DNA di uomini preistorici ha portato ad una serie di risultati inaspettati e sarà davvero emozionante vedere che cosa ci diranno le scoperte degli anni a venire ", ha concluso Juan Luis Arsuaga, dell'Universidad Complutense a Madrid .